Si dice fiducioso sulle prospettive di crescita, al punto che non sarebbe «stupito da eventuali revisioni al rialzo anche delle stime preliminari sul Pil del 2024». Difende i tagli ai fondi automotive (4,55 miliardi nel 2025-2030) perché non colpiscono «gli aiuti alle imprese che vogliono riconvertire» ma «le rottamazioni e gli incentivi all’acquisto di auto elettriche magari prodotte in Cina o in altri Paesi». E soprattutto apre la porta a una serie di correttivi parlamentari alla manovra. Che non potranno ovviamente modificarne i saldi; ma rivedere molti interventi, dalla tassazione delle criptovalute al turn over nella Pa, dalla casa fino al contestatissimo invio di revisori del Mef in tutte le realtà destinatarie di contributi pubblici da almeno 100mila euro. Come spesso gli capita in queste occasioni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nell’audizione di ieri alle Camere sulla manovra non si limita a un intervento formale. Ma soprattutto nelle risposte alle tante domande arrivate da deputati e senatori ribatte, distingue e difende i «princìpi» ispiratori delle diverse misure: che in più di un caso potranno essere modificate, senza però appunto intaccarne la ratio ispiratrice.